mercoledì 19 aprile 2006

update di giovedì: alle 14:45 Numero6 a Larsen, su RaiFutura (chez Giulia). Streaming web qua

Con ventiquattro mila voti, felici corrono le ore. La mia natura poco incline al pianto ha trovato modo di sciogliersi in pochi giorni alla prima del Caimano, al live di Vinicio per i motivi che sapete, la notte di Prodi sul camion giallo squadernato. Forse col recondito pensiero che mentre il mio schieramento elegge Franca Rame, loro mandano in parlamento tale Mara Carfagna.

Un pezzo, un link. Come ai vecchi tempi… file under ‘smaltire gli arretrati’.

Il personalissimo tormentone del periodo si chiama Barzin: mi è arrivato da Goodfellas ed è il classico disco che si incastra nel lettore per non uscirne. Piano Magic, Low, anche Tindersticks nel collage, e “Just more drugs” è il pezzo che i Radio Dept. non hanno ancora fatto. La label è la benemerita Monotreme

Sempre Goodfellas si è resa artefice dell’invio dei finora sconosciuti canadesi (attenzione, marchio di fabbrica) Run Chico Run: pop balzano in alcuni pezzi, vibrante p-funk derivativo in altri, come “Clockwork crows“. Escono con ‘Slow action’ per Boompa, si trova lo streaming qua.

La rubrica Mogli&Buoi di Blow Up #94 di marzo verteva monograficamente sulla meravigliosa Tafuzzy Records romagnola; tra i vari progetti incatenati, incuriosisce il più recente, Inserire Floppino: se -come me domenica scorsa- dovete uscire da un dj set retrofuturista, nostalgico e quant’altro, munitevi di “Tasier parlante“… ‘riprova e controlla’… (dall’album ‘Silvio Mancini’)

Ritorna anche Fiamma Fumana, prestando la sua sfolgorante voce alla sintesi folk-e-tronica (ma non folktronica) di ‘Onda’, su Mescal: le mondine emiliane le fanno un controcanto da nonne a nipote in “Angiolina“, very good.

A maggio sarà in Italia Luc, virgulto francese del quale parlo anche su indiepop.it. Il suo musicare da figlio di Brian Wilson è veicolato da Lego My Ego nelle sue date nord-occidentali: questa è “Ten thousand times“.

Grazie al meraviglioso indie-all-included Indie-eye (che è anche podcast) ho scoperto tempo fa Las Rubias Del Norte: ‘Panamericana’, per i tipi di Barbès, è antologia del prewar sabbioso dei dimenticati latinos, gli standard rivisti una volta ottenuta la carta verde. La ‘Tornar’ cantata da Capossela e Paolo Rossi in un memorabile tour è ridiventata “Volver, volver” e reclama una quota di legittima ad Howe Gelb…

(next time: un’antologia di belle cosette scovate in myspace, tutti i link che non vi ho mai messo, altra rassegna nuovi arrivi)

e stasera Zu al Morion.
e venerdì Numero6 a Brand New.
e sabato Amore e Marcho’s al Rivolta.

martedì 11 aprile 2006

Qua c’era un post. Che parlava di sofferenza, di rischi, di sommo sbigottimento. Una giornata che non sarà facile mettere via. Noi comitato di amici di blog e di vita l’abbiamo anche somatizzata. Pensando al nonno antifascista che non c’è più, al paio di amici e letture che si stava astenendo e invece poi (grazie Jacopo ed EmmeBi). C’era una storia accorata dietro un’esplosione di gio-gio-ia, sotto il cappello di un insulto alla nostra vergogna di italiani migliori. Eletto ed elettori, non c’è bisogno di ritornare. Ho deciso di lasciare online (tanto entro stasera posto qualcosa sopra, per necessità) la foto, e l’augurio. Il resto, dobbiamo scriverlo ogni giorno, e guadagnarci la sopravvivenza, esattamente come già facciamo. Noi.
Addio, pezzo di merda.

Comunque ti vada, non governerai.

Viva l’Unione, viva il più a lungo possibile

Romano Prodi Presidente del Consiglio!

sabato 8 aprile 2006

A question of time. Sullo stato d’animo con cui affronto queste elezioni potrei glissare. In astratto una legge elettorale infame che toglie le preferenze e obbliga, nonostante la proporzionale, ad alleanze che definire spurie è ben poco (Fisichella -non il pilota, il postfascista- quella di Scienza e Vita, i transfughi del Polo, una politica per solo far carriera), in concreto il votare comunque per il meno lontano, da quando niente mi si identifica. Aver sperato un paio di anni di scrivere sulla scheda ‘Moretti Giovanni chiamato Nanni’, e goliardicamente non so, voterei i Non Voglio Che Clara o l’Ibrahimovic dell’anno scorso, Isabella Ferrari o una pastasciutta di mia madre. Zapatero, ecco, sì. La sinistra che va al governo da sola, senza gruppettari che non appartengono alla sua storia nè una lista comune coi democristi, che presumibilmente determineranno le linee guida dall’economia al sociale, dall’istruzione ai mass media. Un moderatismo che non solo mi è lontano anni luce, ma è anche la cosa di cui l’Italia ha meno bisogno. “Governo di tutte e di tutti”: troppo semplice, Romano. Sai quanto io ti stimi e soprattutto quanto vorrei che ti imponessi, forte dei quattro milioni delle primarie, sui burocrati che pretendono di dire la loro. Ma questi ‘signori’ di Forza Italia, intesi come blocco sociale, la devono pagare, in termini di evasione fiscale e subcultura, metodi e perfino palinsesti. Via le fiction su Edda Mussolini, via i reality, via l’imbecillità a costo di sopportare Franca Ciampi first nonna per altri sette anni. Purtroppo non mi dico sicuro lo farete, anzi, tutt’altro.

E però. Stasera l’ometto ha toccato il fondo. L’acclamazione partenopea ‘duce, duce’, proveniente probabilmente dalle squadracce della Nipotina, è la goccia che deve far traboccare tutti i vasi. E’ una questione di tempo, cento ore e l’avremo estromesso dalla sedia, non certo (con la speranza di dire ‘non ancora’) dal profondo del Paese. Ha già vinto, ha detto morettigiovannichiamatonanni. Ma quelli che non capisco sono i suoi stessi alleati, che avrebbero dovuto e potuto smarcarsi, e per guadagnare voti di lista preziosi quanto mai altre volte, e forse pure per vincere: l’Italia non è una nazione di sinistra, bastava ai non-progressisti (perdonate la terminologia da 1994, ma mi è rimasta dentro assieme alle lacrime e al vedere Adornato che ecc.) far fuori il caimano, compattarsi e spartirsi le spoglie, per rimontare. Poco male, se ne stiano cinque anni al purgatorio, e acconsentano alla legislazione inevitabile che conseguirà sul fu padrone. Fosse per me, l’esilio. Uno che prima dice ‘non è vero che gli italiani stanno peggio’, poi si autosmentisce con cose tipo ‘sì, stanno peggio, ma per colpa dell’euro, dell’11 settembre, della pubalgia di Vieira, insomma uno così va messo alla porta, in senso reale, come coi piazzisti di ricambi per scope elettriche quando non servono. E all’Italia quel Folletto non è mai servito a niente, non ramazzando nè aspirando, ma producendo ancora più immondizia.

Veniamo a noi alle dinamiche interne all’Unione. Da quando non ho più una casa politica, o come preferisco definirmi ‘sono orfano (di una cosa che non c’è mai stata)’, il vagare mi ha sempre poi spinto sulle direttrici di una sinistra autentica, fortemente tematizzata sul territorio e sul sociale, vigorosamente antifascista e antiautoritaria, culturalmente elevata e intransigente, rigorosa e spontanea, il più possibile avversa alle segreterie dei partiti. Nel 2002 speravo cascasse la terra tutti giù per terra. Ma prima e dopo, gironzol(av)o fra Verdi, P(d)CI e l’affettuoso consenso a Occhetto alle europee’04. Avevo quindici anni ma ero già convintissimo con la svolta; solo che D’Alema & Co. hanno svoltato così tanto che si ritrovano in lista (non in semplice alleanza, in lista!) con De Mita. Eh no. Io volevo e voglio un partito, o una forza priva di gerarchie meglio, della sinistra italiana, da spingere con le primarie e tutto il resto.
D’altronde non avrei mai potuto stare con Rifondazione, i cui temi internazionalisti non sono propriamente i miei (ce ne sono di battaglie da affrontare qua, se si vuole, e non meno scottanti), i cui dirigenti hanno un passato che non è il mio -Bertinotti stesso non proviene dal PCI- e poi si sono resi protagonisti dell’atroce harakiri del 9.10.98 che mi vide sconsolato on the sofa un mezzogiorno che proprio non ci voleva, fra la Pivetti che allattava e il caimano che ricomprava uno dei suoi che faceva la spola tra le alleanze.
Di Pietro, poi, è monotematico, personalista, prono su certe posizioni degli sbirri e pure un po’ sbiadito; con lui ha piagnoni della risma di Franca Rame e Leoluca Orlando, che pure appoggiai ai miei begli anni, e la capa delle casalinghe. No, no.
Mi si dice, la Rosa nel pugno. Qualcuno non ci crederà, ma i socialisti (e segnatamente, per caso, in tempo di maggioritario, per due volte era scritto sulla scheda il nome del sen.Crema) li ho votati due volte… la prima nella Lista Dini, ove si mimetizzarono, allo scopo di farle raggiungere il 4% (obiettivo portato a termine, che mi valse le peggiori parolacce di reprimenda da parte dei capibastone diessini locali); la seconda, col Girasole nel 2001, essendo loro assieme ai Verdi e contando sull’elezione di uno stimato rappresentante clodiense. I radicali, invece, proprio no. Ho sempre trovato sguaiate e pazzoidi le loro prese di posizione, l’abuso referendario, e non ultimo il liberismo economico, l’odio per il sindacato, il propugnare la separazione delle carriere in magistratura. I miei motivi sono quelli di Jest: quella Cosa nel pugno che sollecita le simpatie di tant* bloggaz non avrà il mio consenso, nonostante il mio forte sentire laico e la primazia, anzi l’esclusiva da accordare ai servizi pubblici nell’istruzione e non solo. Non mi va che sia così monotematica su diritti di nicchia, battaglie settoriali e soprattutto di non primissima importanza, sullo sbandierare il povero Coscioni a gloria nazionale e a risorsa di tutti, che abbia fatto incetta di figurine estemporanee e che ancora la domini il gerontosauro Pannella. Per questo mi dispiace, per la prima volta da che lo conosco, con l’amico Sciltian, con il quale abbiamo condiviso percorsi paralleli (fin dalla candidatura a ‘leader della sinistra’ su Cuore, correva sempre il ’94) e col quale penso ci ritroveremo dopo questo bluff.
Quindi va a finire che anche stavolta crocerò un Sole Che Ride e il partito di Diliberto, che mi ha stregato nel suo rendez-vous col caimano all’inizio della campagna elettorale, denotando assonanza coi miei propositi, prevedibilità delle risposte che volevo sentirmi dire, grinta, notevole serietà e competenza. E soprattutto uno schierarsi, un dire dei sì e dei no. Per un animo poco compromissorio come il mio, nozze.
Al Senato non ho dadi da tirare, le due liste si presentano assieme. Alla Camera, valuto i candidati locali: ottimi quelli dei Verdi, col pensiero però a un probabile assessorato comunale (si parla di Luana Zanella alla cultura, e sarei molto contento) e la speranza di un posto al governo per Gianfranco Bettin, una delle poche teste pensanti di questa sciagurata regione. Non credo entrambe le formazioni siano meno laiche della RnP; di sicuro in economia sono più “di sinistra”, ecco. Ma alla fine della fiera, Verdi e Comunisti Italiani si equivalgono: me lo dicono anche i vari, spassosi test online per verificare le compatibilità. A chi mi dice che è una posizione difensiva, poco coraggiosa, rispondo di sì: provatevi voi a essere sotto attacco di politiche economiche e sociali devastanti, berlusconiane come di Blair o Schroeder o Chirac; quando tentano l’assalto al poco che rimane, significa che sulla difensiva mi ci vogliono.
Ieri e oggi, fra Padova e Venezia ho notato un insolito assembramento, ai lati di qualche strada, di ombrelli rotti e inservibili all’uso. Qualche cittadin* poco coscienzios* ha pensato di non servirsi di bidoni e cassonetti, ma io ci ho voluto incrollabilmente vedere una metafa: quella discarica di parapioggia da buttare significa, forse e scongiurando, che la malora è davvero finita.

…ma qualsiasi lista dell’UNIONE va bene… le riconoscete, sono tutte in fila in questa minchia di scheda elettorale balzana… raccomando di non scrivere alcun nome altrimenti è invalidata, è sufficiente apporre solamente una croce su UNO dei simboli…

Non è mai stato tanto importante come adesso. Orsù, senza esitazione ma forti, alla riscossa.

mercoledì 5 aprile 2006

Una vita che non bloggo, a recuperar notizie, nato senza la patente rinunciare a troppe scelte. Una vita da indieblogger, con dei permalink precisi, anteprime dei file audio e commenti generosi qui, qui su splinder, finché mi va sto qui, ui uii.

(post ad alto tasso di lanuggine stipata nell’ombelico)

Ultime dai campi.

BlogUp va che è un piacere. Da una settimana mi sono trasferito, più o meno, nello studiolo della Milena, con la scrivania in pelle di forzista e tanti bellissimi cd world alla parete. Là mi è più facile apprendere da solo l’uso di CoolEdit, stop and go, premi e vai, check the mic, oo-oh ssà ssà prova. Ho anche degli mp3 delle prime puntate ma preferirò postare quelli delle prossime, tecnicamente migliori.
Per intanto si sappia in giro che ho parlato -e continuerò a farlo- dello stato della comunicazione musicale web, leggendo stralci di blog in proposito, dibattendo fra me e me (con l’ausilio dei fatti) le questioni inerenti la praticabilità o meno di myspace, riportando notizie su restrizioni ai p2p et coetera. Un modo di vellicare il proprio ombelico andando oltre la tradizionale trasmissione indie radio, che ritorna tale quando le mie (e vostre!) fregnacce oltrepassano il livello di guardia.
Allora, spazio ai pezzi, che nelle prime sette puntate hanno visto protagonisti, alla rinfusa: Afterhours, Amycanbe, Gionata, Fare $oldi, Feldmann, Belle And Sebastian, Interflug, Alberto D’Amico, Fossati, Appaloosa, Macbeth, Offlaga, Clap Your Hands, Numero6, Black Eyed Dog, Canadians, Strip Squad, The Islands, Calexico, Devics, Amari (Maxcar remix), Nathan Fake, Julie’s Haircut, Songs For Ulan, MR60, Amavo, Death Cab, Grandaddy, Lele Battista, Grimoon, Bob Corn, Gonzo48k, Leander, Black Heart Procession, Stop The Wheel, My Dear Killer, Blume, Jacopo Gobber, Venus, Circo Fantasma, French Teen Idol, Comaneci… solo per riferirmi ai fogli ritrovati. Soprattutto, ho il piacere di avere come contributori slash opinionisti il Cane Broccolone e la Volpe Blucerchiata, che ogni tanto mi inviano file audio in podcast delle loro elucubrazioni. Potrebbero non essere gli unici… intelligenti pauca, coglionibus etiam minus.

Numero6. Siamo alla partenza, venerdì esce il disco, che intanto è udibile in streaming sul sito di Mtv. Giovedì 13 lo si presenterà alla Casa139 in Milano, dentro ‘Acusticamente‘, e ci sarò anch’io a mettere dischi prima del live (dopo spetterà a Marco Mancassola). Assieme allo scrittore padovano presenzieranno i colleghi Gianluca Morozzi, Marco Missiroli e lei, che hanno scritto racconti inediti contenuti nel booklet. Lo stesso giorno i ragazzi registreranno la puntata di Brand:New con la Santa Subito, nel cui programma già da qualche giorno passa il video di ‘Le parole giuste’. Presto comincerà anche il tour, che li porterà per esempio il 29 aprile al Rivolta per il minifestival organizzato dai Macachi (dentro ci sono anche gli Amore e i beneamati BHP, ma ritornerò in seguito come si conviene). Sempre online il promo digitale su Rockit e i pezzi inediti nel myspace, tutti scaricabili. Intanto il Mezzala ha predisposto questo utilerrimo podcast per farsi un’idea del disco -con estratti di trenta secondi dei pezzi- e sentire dalla sua voce la genesi e quant’altro.
Il solo pensiero di avere per le mani determinate collaborazioni presenti e future è da vertigine. Me l’avessero detto dieci anni fa che avrei lavorato con ****** ******, e anche solo a dicembre, mentre lo vedevo, che […eeeeh!] avrebbe cantato in italiano un pezzo che già canticchiavo di ritorno dal MEI, e che ora giace nella mia library ‘segreta’, avrei preso tutt* per matt*. Di questo e altro, svendo ogni traccia di pudore nel prono ringraziare Michele e Stefano per la responsabilità di cui mi hanno investito. Verticcalittso, e badou al sodou…

Rockit. E’ avvenuto il restyling, lo hanno festeggiato a Milano e Roma con due concerti sold-out, e a breve ci si rimette alla tastiera (che mai si abbandona, peraltro) per ulteriori recensioni e la seconda stesura di “Traversa! Quando bastava poco per”, ovvero la doppia pagina di calcio indie che mi concedono nel *mag, pensando erroneamente io ne capisca qualcosa. In realtà mi parlo addosso, per fortuna che è gratis… Nel sampler scaricabile, comunque, il mio pezzo non c’è…

Il Venezia. C’è un pezzo mio, se non più, praticamente ogni giorno, attorno a pagina 37 o 38 o 39. Mi vedo spaziare fra passi di danza di cui ignoro nomi e significati e concerti ipersperimentali di violenza o noia inaudite 😉 ma anche amorevole teatro e libri interessanti, notazioni musicali o profili appena distaccati da terra. Ogni giorno il quotidiano è leggibile in pdf dal sito, a breve pare mi occuperò anche di reportages di cronaca, inchieste vecchio stile… cosa non si fa per un contratto… Ormai è parte decisiva della mia vita, l’ho voluto e cerco di dimostrare sempre di più. Il successo editoriale sarà anche il mio piccolo e privatissimo traguardo, nella prospettiva di [lo portano via]

Blow Up. E’ uscito il #95 di aprile, la rubrica Mogli E Buoi (pagina 12) verte su Magazzeno Bis – Father Murphy – Bob Corn – Songs For Ulan – Appaloosa, mentre ci sono otto recensioni che si sono scritte da sole apponendo la mia firma; non sia di nocumento(!) ad altr* il citare soprattutto quella degli OrGoglioDiSara, la band bellunese strappalacrime che ha fatto il disco più (omissis) dell'(omissis) eccetera eccetera.
Sto lavorando già al numero di maggio, in cui la rubrica darà conto dei silenzi (=leggi musica strumentale e ambientale) di una città che si è recentemente popolata di bbballerini, con tre bi come gggiovani, e conterrà anche un cameo che non c’entra niente ma che piace ai.

indiepop.it. Sarà online a giorni, il mio contributo è sempre purtroppo minimo ma almeno tappo i buchi.

Finito questo autosbrodolamento, utile a chi mi volesse chiedere dove sono e cosa faccio e come vivo (scrivo), torno in naftalina. Non che non abbia caterve di musica delle quali ‘rendere conto’ (perché poi? ah sì la ragione sociale), giuro che lo faaarò.
Gli è che venerdì magari mi intratterrò sul Disco, “frollini arguti senza panna che mi pare inutilè / sardina lenta picchio Franco, Catalogna serie A” (non tentate di capire, non è cosa), e come Ruini vi dirò cosa farò nel segreto dell’urna, dove Zio non vi vede ma Colliny sì.
Dopo venerdì riprenderò la parola a urne divelte, nella speranza di non dover agognare l’Islanda o il Portogallo o.

mercoledì 29 marzo 2006

I collect, I reject memorabilia. Non riesco a ricordare quando io mai mi sia sentito così bene. Dev’essere stato il periodo trascorso con te, prima della guerra. Oppure quando eravamo dogi dello scantinato, gran consiglio della mansarda, truppe al nostro stesso comando sguinzagliate per la città a far guadagnare sociologi e cronisti di nera. Dietrich, Raimundo, Cousin Jerry, e io. Max, Noodles, e io. Ribaldi ma nobili, avanzi dei Piombi e però cortesi, colti, umani. Di un pezzo. Quando e dove arrivavamo era la festa che si portava, anzi che ci seguiva inevitabile al guinzaglio.

buttarsi a piedi pari nella vasca del campari
abbattere la notte a raffiche di cordon rouge

Avevamo individuato una tana collettiva nel dignitoso relais di un artista architetto con la testa nuda come un cristo gotico, e vantavamo ospiti sedimentati nelle più prestigiose correnti bohemienne internazionali. Il Vetraio di Nantes, le arpiste normanne, la stampa indipendente di Los Angeles. Qualche rissaiolo veneziano da curva, fotografi e proiezionisti, filmaker e semplici drogati. L’horrore della Nizza che verrà, insomma. Professionisti dell’agguato, dignitari dello sbocco, e la bella Grisò.

che potevamo andarcene a ragazze
o giù al Lido

La banda Spessotto e la banda Albano (Veneto Orientale) erano mutue gregarie, complice l’esiguità dei passi da percorrere fra San Francesco della Vigna e la Bragora. E se ci si prestava caso, una volta svicolati a sinistra, si apriva e si apre tuttora -ché non lo hanno portato via- il campo Do Pozzi, dove Licia Maglietta riuscì a sfuggire eccetera eccetera. Era il Triangolo de le Gate, cazzu iu.

E insomma Max, e Noodles, erano con me anche quel carnevale. Ci sarebbe stato il solito veglione in cui sai chi esce ma non chi entra, era dai tempi delle Guglie che andava così. Il sabato lo si sarebbe trascorso a molestarci a Rialto, si sa, il Carnavà de’ Viniziani cade il sabato all’Erbaria, con la balcanaglia che suona, la straniera che ammicca, il contadino che chiede cartine. Dell’altro vino si sarebbe versato.
Ma la domenica, oh, la domenica. La domenica italiana è una domenica serena: per tutti, ma non per noi.

Restava ancora qualcosa da pulire e da sistemare quando, manco bardati e per ciò guardati con schifo, vagammo per la fondamenta che era stata nostra e dove ci conoscono per nome e censo. Dentro la seconda tappa di sempre (ché, si sa, è Aldo-Paradiso-Iguana o Iguana-Paradiso-Aldo a seconda che si salga dal Ghetto o da Santa Fosca) scioglievamo i postumi di nessun bagordo. Quando dalla tavolata impervia si scorgono delle parrucche dogali, e stavolta non erano gli americani, ma i musicisti della congrega, la co(o)rte di Venezio Capossela… eccolo là, che siede e mangia, e corteggia e beve, tanto non suona, e non mi pare abbia punta voglia…

…si andò avanti fino alle quattro, chi dice le sei. Locale che scoppiava peggio di un uovo in un supermercato di Portogruaro. Maurizio che ingaggiava battaglie verbali con l’ebbro celebrante della nottata, il cui microfono faceva fatica a sovrastare quanto di bacchico aleggiava. E poi sì, ormai è leggenda, Max Noodles e io appollaiati sul pianoforte a decidergli la scaletta al momento, giù di San Giacomo esiste anche la calle del Scaleter, dev’essere stato quello che scriveva la playlist ai caposseli di quando si dominava il mondo. E pianti e nebbia e donne e videoriprese e onde e rebetiko e gente seduta in riva e bicchieri e lo portaron / al camposanto.

Fu eletto d’imperio Re del nostro Carnevale, ma non sapevamo certo al momento che non sarebbe stato mai più così. Mai più così lui, che ci era già venuto a trovare prima di un natale magico, e sarebbe tornato ancora a nostra insaputa, tipo ai Postali in Rio Marin. Mai più così pure noi, per niente obbligati a lasciare quella vita, man mano che i contrafforti d’ogni dove se ne ripartivano e restavamo soli con le nostre scadenze o miserie.

Jojo si credeva Voltaire, e Pierre, Casanova. E io che ero il più fiero, io mi credevo… me.

Max Jojo è diventato ausiliario medico, esercita nel grosso centro rivale, e abita nella prima campagna. Ha una donna deliziosa che viene da molto lontano, e ha praticamente abdicato all’essere veneziano. Pierre Casanova è stato abilitato a scavare, ritoccare, ricostruire opere e segni umani. Non c’è sito che non stia esplorando, e quando gli riesce si invola in bici che manco Bartali. Patagonia, Boemia, ancora Argentina, Sicilia orientale. Ogni tanto rientra, saluta, si annoia e riparte, come i lupi.

se il padreterno l’aveva abbandonato
ora i paesani se l’hanno accompagnato
che grande festa poterselo abbracciare
che grande festa portarselo a mangiare

Io invece. Lo sapete, je me prenais encore pour moi. E rimpiango, accatto brandelli di quel passato come foto di mariti morti in guerra, per convincermi che possono tornare. La realtà sta tutta nelle possibilità di aver trent’anni per sempre, con lo spirito dei venticinque e le sagge rinunce dei cinquanta.
Ché quanto si stava giorno dopo giorno vivendo era una parabola magari senza morale: ma nè più nè meno quanto ci faceva vivere, o per lo meno ritenere di essere vivi.
E arriva il momento per cui una persona non ancora compiuta e vessata da una cosmicità di ostacoli, ecco a questo povero cristo viene negato perfino il ripetere fatuo splendor di suo stesso passato, e allora

BOOOOOOOOOOOM!

lo vedi, adesso, che cos’è successo, Nutless?

sabato 25 marzo 2006

These are the days of our lives. La maestra ci faceva cantare, ma io non capivo le parole. Così mi mandava fuori in corridoio e il più delle volte vi incontravo Luca.
Era facile andarci d’accordo: fin da piccoli a correre (si fa per dire, ché eravamo e siamo i ‘lenti a contatto’) dietro a un pallone, a spulciare gazzette, a fanta(sticare) calcio. E molto altro, oh sì: lampo e tuono.
Torneini da oratorio dove se bestemmiavi erano cinquecento lire di oblazione, cosa che portava al reitero della bestemmia. Alle medie nello stesso plesso, al sorteggio dei gironi del liceo, giù della tromba delle scale, l’abbraccio: “siamo in classe assieme!”… E ne ebbe da faticare, la Br*sadin di filosofia, una che per vestirsi scuoiava puffi pelosi, per separare di banco me e il Puffo… dentro la stessa, solidale compagnia immarcescibile dei diciassette anni, in motorino sempre in due, un maneggio un fast food e il Privé (il meglio che c’è, diceva Pagnoca). Quella notte a Jesolo ad aspettarlo, ché le chiavi dell’auto le aveva lui… (te ricordistu?).
E la musica, cazzo, la musica. Una certa elettronica. La neve di Firenze per andare ai Radiohead, pareva dovessimo fare il giro del mondo per tornare indietro, la Primera si stordiva di Thom Yorke e al ritorno la strada era sgombra. L’Arena di Verona, 30 maggio 2001, stessi attori. Al Delle Alpi per un derby sanguinoso appena morto mio nonno. Finali di Champions vinte quando viste a casa mia, perse quando viste a casa sua…  per lui le prime telefonate il 5 maggio, da Udine, prima di volare scudettati a vedere i Notwist… Italia-Nigeria, in venti qua da me, il bandierone del Vigile lungo quattro piani, e una colonna sonora indimenticabile. (E voi, dove l’avete vista Italia-Nigeria?). A ogni sms, un pezzo di storia che ritorna. D’altronde, a xe fio del capitan Lucio…
Fra un’ora Luca porta all’altare la sua Alessandra. A Sant’Andrea, a Vigo. Vale a dire a casa, per noi che a ‘Marina’ proprio non amiamo stare (e Luca a Ciosa ci torna, oh yeah). L’Alessandra che è bella, bibliofila e juventina… ditemi se non era cosa per lui, da subito…
Vado a vestirmi. E, scusate, un po’ mi viene da piangere, per questi due fratelli. Che meritano ogni bene.

giovedì 23 marzo 2006

Questo non sarà un post a punti, ma a coriandoli.

Bloggherò dalla radio... (update: macché…)

Intanto sono finito qua (grazie a S…plinder)

e stasera tutti* al Vapore per Cesare Basile e per quel minchione che girerà diskey prima di lui.
(danke Macaco)

Ah, non myspiace dire che nel myspacchiu dei Numero6 ci sta un inedituccio da scaricare, cover dei Madness. Mentre a Rockit sono gli ultimi giorni del promo digitale, con altri due inediti for free (una è Pigro di Graziani, Se Esploderà poi ha quel ritornello che) prima del restyling m*a*g. Zompate voi che zompo io. A dopo. Maybe