Paddy Bonner ah ah ah. Nel consueto splendore dell’inserto domenicale di Repubblica, contraltare invero culturale alle banalità da piazzismo bottegaio di troppa cronaca dello spettacolo settimanale, spicca una doppia pagina consacrata al quasi inevitabile corollario narrativo degli imminenti Mondiali. A Guanda fanno le cose à la Guanda editando una serie di pezzulli d’autore dove l’autore o si chiama Hornby o si chiama Doyle, per dire. Quest’ultimo rivanga una delle epifanie del me sedicenne, la calata irlandese ai mondiali del Novanta: esattamente come in Due Sulla Strada, dalle righe emerge intatto lo spirito di allora. Che mi riporta alla pizza conclusiva della terza liceo la sera di Argentina-Camerun funestata dal primo pendolino -ahimé vincente non so come- di Mosca, che sarebbe poi durato negli anni; lo sgomento per la dissoluzione dell’armata Lobanovskij sotto i colpi di Lacatus nel deserto di Bari; Gary Lineker centravanti gentiluomo e un’Olanda troppo sbiadita per essere vera. Ma soprattutto l’Eire, una squadra di lentigginosi inabili al calcio se non per un paio di centraloni (McGrath, Moran), muscolare nel centrocampo e sospinta da una marea verde che definire allegra è poco. Il me uduista e poguesiano fremette ai pareggi strappati negli stadi del sud, visse con partecipazione la battaglia di Marassi (impianto quanto mai anglosassone) vinta ai rigori sulla Romania deceausescuizzata e tifata dai democristi, in una partita che subcelebri artisti (infra) hanno visto da tribune già testimoni della fratellanza-in-perdenza scoto-svedese (gran bel derby pop, col senno di poi)… Eravamo tutti irlandesi, noi della generazione 74-75, plasmati dal sostegno alle barricate belfastiane ma consapevoli che ”what’s the glory in dying for the revolution’ (cit.). E quando Ray Houghton uccellò Pagliuca su ‘assist’ di Billy ‘Hollywood’ Costacurta, oggi portato a esempio del calcio pulito(?), fummo abbastanza contenti: si era già nel 94, e dire Italia significava dire Berlusconi. Fra dieci giorni si ricomincia, a breve aprirà un blog tutto dedicato alla kermesse teutonica, e pure se mi fate ricordare il Mondiale delle notti magiche, di Azeglio Vicini, di Cuore Mundial, insomma il ‘mio’ mondiale, beh non la finisco più…
Parole. Inizia una nuova rubrica, saltuaria per forza, in seno all’Enoteca. Credo che chiunque scriva ami la parola, la locuzione, il testo come se stesso; pertanto mi divertirò a mettere all’indice parole abusatissime delle quali sfugge il significato non solo ai più, ma pure a chi solitamente le scrive. E prometto di non usarle più nei miei spazi… Le prime sono ‘postmoderno’ e ‘surreale’: non aggiungo una chiosa superflua, non c’è bisogno di argomentare ulteriormente quanto interlocutorio e finto-saputo sia il piazzarle nel mezzo di un discorso. Secondo enunciato da bandire: ‘tra calli e campielli’… Ci vorrebbe un codice etico sulla terminologia…
Amigos. Ancora una mezza giornata per votare a Roma per Sciltiano: sì, supererei perfino la freddezza slash lontananza dalla rosanelpugno… perché lui vale.
E a Venezia (ghe-)sboccia una indielabel electro: alla Nano Rec., che produce fra gli altri “Mr.Groovejet” Spiller, sovrintende Bot-teen e presto ci ritorneremo, dopo sopralluogo in qualche bàcaro dei nostri.
Quando arrivano i ciesse per le ciesse. (Il ciesse = comunicato stampa. La ciesse = conferenza stampa).
Domani alle 12 nella sede ASU di via Santa Sofia in Padova verrà presentata l’edizione 2006 di Summer Student Festival, la prestigiosa rassegna di tante indipendenze musicali e visuali (qua un breve report del 2004) che quest’anno trasloca dalle strutture di via Trieste sul Piovego al parco Fistomba. Il programma, il calendario e il resto sono qua.
Mercoledì sempre alle 12 in piazzetta Sartori (non lontano da largo Europa), sempre a Padova, Esterni spiegherà i contenuti di UpsideTown, sorta di raid urbani, iniziative choc, messe in discussione di un’identità e di un percorso quotidiano sul quale mai si lasciano pendere dubbi. L’evento si annuncia informale e crapulone, pertanto smuovetevi… e ravanate qua, cliccando sui ‘lavori in corso’ per ascoltare lo spot-radio…
Unhit parade. L’appuntamento più atteso dagli scrocconi scaricatori 😉
La battellata ipotetica parte da piazzale Roma: all’imbarco principale i Numero6 (eh già) fanno sapere che la rotazione dei pezzi nel myspace si arricchisce di due nuovi estratti da “Dovessi mai svegliarmi”, per la precisione ‘Un finale rocambolesco’ e ‘Ora però credimi’… è power-pop, enjoy
Alla ferrovia sale Salvatore ‘Howtired‘ Patti di indiepop.it che annuncia il nuovo blog di recensioni volanti, primo effetto della nuova impostazione della rivista: questo è Indiepop Reviews
Finalmente del sonoro: alle Guglie il ciosoto di turno butta il lazo e fa entrare i Victor Young, trio impostato secondo i canoni 2000s cari alla DFA e al p-funk nuiorchese, ma non alieno da escursioni free. La loro ‘Il tetris di Michele‘ è quel tipo di pezzo che aleggia mentre sei in consolle e la band per la quale fai il set del dopo evapora i feedback degli strumenti dagli amplificatori: è il momento di sterzare, e questo pezzo si presta anzichenò.
L’approdo della Crea è recente, salgono ancora in pochi, soprattutto studenti di San Giobbe e i Cappello A Cilindro: così vicini e così lontani alla classicità dell’impegno autoriale italico, nella sua extended version che va da Capossela e la Banda Ionica fino alla severa austerità di certo Fossati. “Per non rallentare” è album che emoziona perché lascia intendere che ancora qualcuno in Italia certe cose le sa fare senza dire niente di ritrito, ha tante facce e un’apertura maestosa con ‘Il vento forte’: peccato la loro label (la Edel, per fare nomi e cognomi) persegua una politica di diffusione contraria al downloading gratuito anche di un solo pezzo, scelto magari da loro. Presto una tesi di laurea dirà perché essa sbaglia a darsi la zappa sui piedi… intanto penso di rendere un bel servizio alla band, e a Fabrizio e Antonella che ci stanno dietro, linkando il pesaaaante (64 Mb) file video dell’esibizione al Primo Maggio romano (grazie ai Rancorosi)
Sul rettilineo che guarda alla terraferma c’è da sostare ai Tre Archi, in faccia all’ex macello: questo termine clubbisticamente romanesco introduce ai Fumisterie, dei quali già parlai in maniera lusinghiera per l’apparizione nella compila ‘di casa’ Polyester. Bene, l’uscita di “Kreuze und Krokodile” certifica che i ragazzi hanno tutti i numeri per fare un discreto botto nella scena intellipop: arrangiamenti glabri e considerazioni ricercate, piedi nella storia e testa al presente cittadino. “Ho sempre pensato che viaggiare è per la testa, pensare è per le gambe”, dice un verso: in una serie da qualche parte fra Marco Parente e i primi Timoria, risalta questa ‘Warning‘ in cui Umberto Balsamo si fa cooptare dagli Smiths. Su di loro scommetto, sì. (Grazie Valentina)
Il doppiaggio del canale Colàmbola seziona la laguna aperta prima di virare di nuovo verso la città e le sue propaggini settentrionali. Sant’Alvise, ocio al passo: Solitario Bit è la fatica solista di Fabio Perugia dei mai troppo lodati GattoCiliegia. E come il gruppo madre denota spigliatezza nel prendere di petto le pieghe strumentali e oniriche che sanno maritarsi al grande schermo: ‘Radio blu bit’ entra in sala che si è appena fatto buio, e cerca circospetta un posto non occupato. La bellezza del mood è garantita, il disco -per Mexicat– è scaricabile per intero da qua (grazie Orlandòttir)
Attraccati alla Madonna dell’Orto scendono in tanti, diretti alla fondamenta della Misericordia, ma sale in tendenza opposta la band milanese Controluce: (elettro)pop fresco ed efficace nei suoni e nella voce di Simona Rotolo, che per capirsi ricorda Raffaella dei Madreblu, ma ancora da livellare nei testi che paiono dire niente. ‘Natura instabile‘, che apre, si fa apprezzare.
Andirivieni sostenuto al pontile delle Fondamenta Nove, da e per Murano, da e per il Cimitero. La porta nord della città si riempie di turisti, tra cui i belgi Venus, una delle band cui diedi il cuore sul finire dei Novanta, di passaggio sovente nei locali italiani scortando il proprio artrock di violini e ruvidità no-guitar. Avevo letteralmente divorato tutto “Welcome to the modern dance hall”, un album il cui spirito è bellamente recuperato dall’ultimo, “The red room”: tutto il disco è su altissime quote, questa è ‘Everything that rises must converge‘. Fra i migliori del semestre, as far as I’m concerned; non che avessi dei dubbi, prima di ascoltarlo. Ebbravo Marc Huygens
L’ospedale è già a Castello, quartiere anziano per definizione. Nè università nè luoghi di ritrovo, eppure da scommettere che Pier e Diego degli Egokid saprebbero trovare ispirazione anche in quel dark side della Serenissima (invidiabile dal resto del mondo, quindi e come sempre). Il loro scherzoso “The K icon” addizionato di fake-ep “Songs in the K of E” discetta carinamente di Sean Connery e Maria Goretti, un campionario queer corretto pop da alcolici andati a male e benzedrina per non dormire. Al Damon Albarn del topico 1994 probabilmente sarebbe piaciuta ‘S/m (sunday morning)‘… Li vedremo sul palco ‘Sandro Pertini'(!) del MiAMi sabato 9!
Celestia, a sort of homecoming: il punto più stretto della coda del pesce, relativamente pochi passi e si raggiunge il Canal Grande dalle parti della Bràgora. Essendo che alla Celèstia c’è l’Archivio, mi limito a segnalare di nuovo quanto già anticipato dal sodale Elrocco tempo fa, e cioè che ‘I see you through me‘ degli islandesi Blindfold è quel gran pezzo che si ha sempre voglia di ascoltare, e che per puro caso è riemerso dagli scatoloni virtuali dei vecchi download mai ascoltati in concomitanza.
“Bacini, fermata Bacini”: questo romantico toponimo indica che siamo all’Arsenale, sede di biennali e rimessaggi. Allungo solo un link dalla memoria, si chiamano/chiamavano Xilema e facevano ‘elettropop teatrale’ ai tempi in cui furoreggiavano su Sherwood (2001) con ‘Origami’. Qua tre mp3 da “Eat pop”.
Sant’Elena non è dove morì el conquistador Napoleone ma dove visse Alvaro I di Uruguay. Fronte mare il collegio Morosini, credere obbedire e ndar in buèo, dietro invece la curva (notare il cerchio giallo) che ne prende il nome. Scantamburlo e Prado-goal montano in vapore col biglietto per la C1, ma solo dopo un’estate passata a disintossicarsi magari fra i festival francesi…
E’ anno pari, quindi niente Biennale… mi consolo, proprio di fronte all’istallazione ormai permanente di Plessi ai Giardini, con Musica Obscura, un tinto alter ego di Casiotone For The Painfully Alone e del nostro Interflug…
Pure l’Arsenale patisce la risacca dell’anno di stasi: terminati i link diretti ai files musicali, guardo un po’ cosa si è concluso stasera a Trieste, città legata a Venezia e ancor più a Chioggia. Electroblog, a saperne prima sarebbe parsa una bella cosa.
San Zaccaria è nome fittizio per indicare la fermata di San Marco, il carnaio che potete immaginare. L’ingorgo di link è equamente diviso con lo stazio di Vallaresso, ovvero ‘San Marco ovest’ per dirla in autostradese: Viasatellite e Manuok hanno a che fare dal dentro coi Black Heart Procession (e se non passavo dal mysp degli attesi Grimoon non l’avrei mai saputo); The New Lows lasciano scaricare tutto l’ep, chiamandolo conseguentemente “The Free EP”… mentre il popolo sciama dopo la scopertura della Torre dei Mori… il telone recava come partner mediatico ‘Il Venezia’ (non il Gazzettino o la Nuova, ‘Il Venezia’)…
A questo punto conviene farsela a piedi, svicolando per i luoghi limitrofi. Il vicentino Acidhead, protagonista di un dischetto electro-ambientale per la netlabel Dharmasound, oppure Ten Thousand Bees, da Maniago per Knifeville: se ne riparlerà, intanto questa bella cosa si chiama ‘Water Circles‘… e terminato il loop come ‘cerchi d’acqua dentro ad un momento’ (questa la capiscono solo i musi-canti ciosoti agées), appuntamento alla prossima.
“Hey I may have some other stuff – more corporate but really cool – do you mind telling me what you usually charge for a day or a work/writing???” …freelancing abroad…